i benandanti

LA SAGA DEI
BENANDANTI

di Paolo Morganti

Tutto ebbe inizio nel 2012.
Affascinato dalla figura folklorica dei benandanti, guaritori di giorno e viaggiatori in spirito di notte, scoperti leggendo un saggio di Carlo Ginzburg, 

Ricordi Paolino

decisi di scrivere un romanzo per avvicinare all’argomento un più vasto pubblico, amante della narrativa.

Ambientai Il giardino del benandante nel Cinquecento ma, oltre ai benandanti, figure inquadrabili nella cultura dello Sciamanesimo, arricchii il romanzo con le mie passioni: l’Arte, la cultura del territorio, la cucina, la lettura dei gialli, l’alchimia e l’esoterismo.
M’inventai per l’occasione due personaggi che richiamassero alla lontana la coppia Sherlock Holmes e dr. Watson, ma anche padre Brown e Flambeau.
In realtà, mi sono diviso in loro due, mettendo un po’ di me in entrambi: nacquero così pre’ Michele Soravito, un pievano goloso e strenuo difensore dei suoi valori, e Martino da Madrisio, uno speziale alchimista, pragmatico e dalla mente speculativa.

Quando il libro uscì, temetti di aver stampato troppe copie.
Contro le miei più nere previsioni, dopo una settimana dovetti andare in ristampa: migliaia di copie si erano esaurite in un battibaleno!
Oggi le ristampe sono arrivate a otto.
Sull’onda del successo e delle richieste dei lettori, mi sentii obbligato a continuare la saga.
Uscirono via via Il calice di san Giovanni (in cui si parla dei cavalieri giovanniti e del misterioso calice dell’Evangelista), Il sigillo della strega (con un intricato e sanguinoso caso di stregoneria), Il bosco del cervo bianco (con un misterioso villaggio celtico rimasto nascosto in Carnia dopo la migrazione di secoli prima), L’ira dell’alchimista (una drammatica storia di vendetta), L’eretica (in cui si parla della persecuzione dei catari) e Il Baratro delle anime (che vede come protagonisti l’eresia dei bogomili e il Sacro Graal).

Appunto, il sacro Graal…
Pre’ Michele e Martino trovarono la Santa reliquia in un baratro sul Carso, a Basovizza, e da là, invece che portarla come previsto a Roma presso la sede pontificia, la coppa fu nascosta in un paesino ameno della Carnia.
Dopo cinque anni, spinto dai lettori che reclamavano altre avventure, ho iniziato a scrivere quest’ultimo capitolo, L’esercito delle ombre.
È un libro che mi ha dato dei grattacapi, in quanto ho dovuto rileggere tutti i libri precedenti in modo da non ripetermi, pur mantenendo alcuni nodi narrativi legati ai temi principali: i benandanti e la spinta dei protagonisti a gettare luce sui misteri.
Tutto ha inizio con l’inspiegabile morte di undici fabbri. A far luce sulla questione vengono come sempre incaricati l’alchimista e il pievano; i due scoprono che i fabbri, riuniti in una sorta di consorteria segreta, avevano forgiato migliaia di armi su commissione del Patriarca di Aquileia Marco Grimani, allo scopo di preparare la difesa del Friuli da un’imminente invasione dell’esercito ottomano.
Per difendere la loro patria, si assumono così l’onere di un progetto di difesa e, con l’aiuto dello sciamano e guerriero celta Math e dei cavalieri dell’ordine di San Giovanni, armano e addestrano gli uomini abili alle armi.
In una battaglia epica e sanguinosa, i tremila soldati carnici si scontreranno con gli invasori, cinque volte superiori di numero.
Nel frattempo, un oscuro e misterioso negromante sta tramando nell’ombra.
A complicare le cose l’arrivo di Blaz, un benandante istriano, un kresniki in grado di trasformarsi in lupo. È a Nonta perché gli è giunta la notizia che fra i monti vive uno bambino di sei anni, dotato di poteri straordinari: è Francesco, figlio di Martino e di Mèliga.
I viaggiatori in spirito riconosceranno in lui il Predestinato, colui che dovrà guidarli in battaglia contro l’Esercito delle ombre, per impedire al Male di prendere possesso del Sacro Graal.

Il resto, che è molto altro ancora, lo lascio scoprire ai lettori…
E la storia continuerà.